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Il mio blog definitivo, adesso, è qui.
Vi aspetto numerosi!
domenica 21 giugno 2009
lunedì 2 febbraio 2009
Trasloco.
Questo blog è chiuso.
Tra qualche mese, ne nascerà uno nuovo. Ne troverete notizia sul mio myspace e sul blog di Scrittori precari
Tra qualche mese, ne nascerà uno nuovo. Ne troverete notizia sul mio myspace e sul blog di Scrittori precari
sabato 6 dicembre 2008
Nuovo appuntamento al Pigneto
Venerdì 12 dicembre
ore 20.00
Cineclub Alphaville
via del Pigneto 283
"Scrittori precari": letture di Simone Ghelli, Gianluca Liguori e Luca Piccolino
ore 20.00
Cineclub Alphaville
via del Pigneto 283
"Scrittori precari": letture di Simone Ghelli, Gianluca Liguori e Luca Piccolino
sabato 25 ottobre 2008
Nuovi appuntamenti
22 novembre ore 18:30
PRESENTAZIONE DEI LIBRI:
"CREDO IN UN SOLO IO”, Tespi 2008, di Gianluca Liguori“
LAVORARE STRONCA”, Tespi 2008, di Andrea Coffami e Angelo Zabaglio
C.S.O.CANTIERE – Via Monte rosa 84 Milano
INFO SU: www.myspace.com/cantieremilano
27 novembre ore 19: 00
Gianluca Liguori, Angelo Zabaglio, Andrea Coffami e la special guest star Lady Oscar leggeranno un po' di cazzi loro per divertirci insieme bevendo e mangiando cose buone. Un'occasione simpatica per incontrarsi.
Info su: www.myspace.com/zammu
Trovate i libri su www.tespi.it
PRESENTAZIONE DEI LIBRI:
"CREDO IN UN SOLO IO”, Tespi 2008, di Gianluca Liguori“
LAVORARE STRONCA”, Tespi 2008, di Andrea Coffami e Angelo Zabaglio
C.S.O.CANTIERE – Via Monte rosa 84 Milano
INFO SU: www.myspace.com/cantieremilano
27 novembre ore 19: 00
Gianluca Liguori, Angelo Zabaglio, Andrea Coffami e la special guest star Lady Oscar leggeranno un po' di cazzi loro per divertirci insieme bevendo e mangiando cose buone. Un'occasione simpatica per incontrarsi.
Info su: www.myspace.com/zammu
Trovate i libri su www.tespi.it
domenica 5 ottobre 2008
Nessuno pagherà
La crisi economica avanza a gran passi. Lo sfacelo di una nazione, di un popolo con potenzialità immense, offuscato da una corruzione nelle stanze del potere come non si era mai vista dalla fine della guerra, è ben limpido davanti ai nostri occhi. Basta aprirli. In due generazioni si è rovinato tutto. Siamo una repubblica giovane. Le responsabilità di una classe politica incivile sono pesanti, ma per come stanno andando le cose, nessuno pagherà. Nessuno pagherà.
Bisogna ricostruire. Bisogna lavorare per un cambiamento. Bisogna creare una coscienza collettiva che si è smarrita, se mai è stata. La comunicazione e l'informazione hanno perseguito reato. È un colpo di stato, subdolo e invasivo. A volte gli allievi superano i maestri, e i maestri se ne compiacciono. Tutto quello che abbiamo oggi era stato già progettato ieri. Tutto quello che abbiamo oggi è stato già giudicato e condannato. Tutto quello che abbiamo oggi è una pagina vergognosa nella storia della democrazia. E nessuno pagherà.
Lavoro, giustizia, salute, istruzione, cultura: tutto va a puttane. E le puttane vengono utilizzate per gli spot pubblicitari di regime. E le puttane sono ragazze a cui hanno mutilato la dignità, sono ragazze private di libertà. Sono vittime. Le puttane sono vittime due volte. Dovrebbe essere lo stato, la società, la collettività, con uno slancio di solidarietà, a proteggerle, e non uomini che lucrano e le trattano come merce, per il profitto. La logica del profitto è una logica perversa. Si ammazzano uomini e donne, quasi sempre innocenti, vittime di un sistema. E nessuno pagherà.
Possiamo parlare di razzismo, e di come questo viene strumentalizzato. Abbiamo raggiunto livelli di xenofobia preoccupanti. Come al solito la cattiva informazione agisce e veicola coscienze già sbandate e si urla allarme sociale mentre è fomentata la paura del diverso. E la politica e il potere stanno là, magari qualcuno si fa pure un risolino sotto i baffi. E nessuno pagherà.
Non cambia. La situazione è destinata a peggiorare. Il popolo dovrebbe prendere coscienza e protestare, ma l'unica cosa che scatena la protesta è il rinvio del campionato di calcio. Siamo ridotti male. La domenica è il giorno del pallone. E così il lunedì, il martedì, e dopo il campionato le coppe europee, e poi di nuovo domenica. E mentre si parla di calcio, solo di calcio, ci imboccano di pane e calcio dall'adolescenza alla pensione, alla morte, mentre perseguitano la politica del malaffare. Spesso si sottovaluta la pericolosità del calcio come anestetico sociale. Il male è radicato. L'emozione è snaturata. E andiamo sempre peggio. E nessuno pagherà.
La storia d'Italia attraverso la storia del calcio. È una prospettiva interessante da studiare. Lo avevano capito già dagli anni trenta, o giù di lì. Ci sono troppe coincidenze, e troppe coincidenze cosa vorranno dire? È storia contemporanea. Già, la storia contemporanea. Il popolo ha perduto la memoria storica, e quando un popolo perde memoria storica lo sappiamo come va a finire. Perché il guaio è che noi che leggiamo, noi che scriviamo, noi che sappiamo ancora essere solidali, noi sognatori, noi che crediamo nella giustizia, un noi ampio che arriva a comprendere, noi, sì, noi, proprio noi dobbiamo essere bravi, capaci, attraverso la parola, il racconto orale, la narrazione, la discussione, con la forza delle idee, con la parola, noi, noi dobbiamo svegliare. È compito di tutti. È una questione di civiltà. E magari poco a poco, si può cambiare. Si deve agire con la parola. Ci vuole tempo, forse tanto tempo, ma ce la si può fare. Se oggi siamo due, domani saremo quattro. E quando finalmente saremo tanti, in tanti, magari troviamo le forze di lottare. Perché non avremo più paura. Perché io un po' di paura ce l'ho, ho paura che nessuno pagherà.
Bisogna ricostruire. Bisogna lavorare per un cambiamento. Bisogna creare una coscienza collettiva che si è smarrita, se mai è stata. La comunicazione e l'informazione hanno perseguito reato. È un colpo di stato, subdolo e invasivo. A volte gli allievi superano i maestri, e i maestri se ne compiacciono. Tutto quello che abbiamo oggi era stato già progettato ieri. Tutto quello che abbiamo oggi è stato già giudicato e condannato. Tutto quello che abbiamo oggi è una pagina vergognosa nella storia della democrazia. E nessuno pagherà.
Lavoro, giustizia, salute, istruzione, cultura: tutto va a puttane. E le puttane vengono utilizzate per gli spot pubblicitari di regime. E le puttane sono ragazze a cui hanno mutilato la dignità, sono ragazze private di libertà. Sono vittime. Le puttane sono vittime due volte. Dovrebbe essere lo stato, la società, la collettività, con uno slancio di solidarietà, a proteggerle, e non uomini che lucrano e le trattano come merce, per il profitto. La logica del profitto è una logica perversa. Si ammazzano uomini e donne, quasi sempre innocenti, vittime di un sistema. E nessuno pagherà.
Possiamo parlare di razzismo, e di come questo viene strumentalizzato. Abbiamo raggiunto livelli di xenofobia preoccupanti. Come al solito la cattiva informazione agisce e veicola coscienze già sbandate e si urla allarme sociale mentre è fomentata la paura del diverso. E la politica e il potere stanno là, magari qualcuno si fa pure un risolino sotto i baffi. E nessuno pagherà.
Non cambia. La situazione è destinata a peggiorare. Il popolo dovrebbe prendere coscienza e protestare, ma l'unica cosa che scatena la protesta è il rinvio del campionato di calcio. Siamo ridotti male. La domenica è il giorno del pallone. E così il lunedì, il martedì, e dopo il campionato le coppe europee, e poi di nuovo domenica. E mentre si parla di calcio, solo di calcio, ci imboccano di pane e calcio dall'adolescenza alla pensione, alla morte, mentre perseguitano la politica del malaffare. Spesso si sottovaluta la pericolosità del calcio come anestetico sociale. Il male è radicato. L'emozione è snaturata. E andiamo sempre peggio. E nessuno pagherà.
La storia d'Italia attraverso la storia del calcio. È una prospettiva interessante da studiare. Lo avevano capito già dagli anni trenta, o giù di lì. Ci sono troppe coincidenze, e troppe coincidenze cosa vorranno dire? È storia contemporanea. Già, la storia contemporanea. Il popolo ha perduto la memoria storica, e quando un popolo perde memoria storica lo sappiamo come va a finire. Perché il guaio è che noi che leggiamo, noi che scriviamo, noi che sappiamo ancora essere solidali, noi sognatori, noi che crediamo nella giustizia, un noi ampio che arriva a comprendere, noi, sì, noi, proprio noi dobbiamo essere bravi, capaci, attraverso la parola, il racconto orale, la narrazione, la discussione, con la forza delle idee, con la parola, noi, noi dobbiamo svegliare. È compito di tutti. È una questione di civiltà. E magari poco a poco, si può cambiare. Si deve agire con la parola. Ci vuole tempo, forse tanto tempo, ma ce la si può fare. Se oggi siamo due, domani saremo quattro. E quando finalmente saremo tanti, in tanti, magari troviamo le forze di lottare. Perché non avremo più paura. Perché io un po' di paura ce l'ho, ho paura che nessuno pagherà.
La terza Repubblica potrebbe partire anche da qui. La discussione è aperta. Sta a noi. Io da solo non posso fare niente. Sono impotente, esattamente come te. Ma noi possiamo fare qualcosa. La discussione è aperta.
domenica 10 agosto 2008
Identità III
La nostra storia comincia con un dialogo. Anzi no, prima del dialogo c'è un uomo, in casa sua, nella cucina. Ha appena finito di mangiare e sta lavando i piatti. Quando ha finito si siede davanti al televisore, pensa ad altro mentre sbriciola una cimetta di erba verde con dei filamenti rossicci, a cui aggiunge del tabacco e poi mischia bene, prende un pezzo di cartoncino e l'arrotola, poi stacca una cartina dal pacchetto di grigie slim, su cui deposita l'impasto, appoggia il filtro all'estremità sinistra della cartina, gira, lecca, ed ecco pronta la sua sigaretta. Si versa ancora mezzo bicchiere di vino, ne ingolla un sorso. Accende la sigaretta, aspira. Pensa a lei che è andata via. Espira. Aspira, espira. Butta giù un altro sorso. Cambia distrattamente i canali, ancora un sorso, e lascia sul terzo canale dove trasmettono uno speciale sulla strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Vede il presidente Pertini straziato e pensa alla grandezza di quell'uomo, immenso, ma così incapace dinanzi a tanta mostruosità. Aspira, espira. Poggia la sigaretta nella ceneriera, beve un altro sorso, poi si alza e va vicino al telefono, nell'atrio della casa, strappa una pagina dell'agenda, prende una penna e torna in cucina. Si siede al tavolo, manda giù l'ultimo sorso e si riempie nuovamente il bicchiere. Prende la sigaretta, ravviva con la fiamma la punta, aspira. Suona il citofono. Espira. “Chi sarà mai a quest'ora?”, pensa dentro di sé. Poi si alza e va a rispondere.
“Chi è?”.
“Io, apri”.
Aspira, poi va ad aprire la porta e torna in cucina. Espira. Prende un altro bicchiere e lo mette sul tavolo. Ritorna nell'atrio e vede la porta aprirsi lentamente. Adesso comincia il dialogo.
“Ciao, allora? Come va?”
“Si combatte, te?”
“Sto a pezzi. Non mi passa”
“Sempre il solito, guarda, non la molli eh?”
“Vuoi un bicchiere, sì?”
“Non si rifiuta mai”
“Senti quanto è buono”
“Rosso di Montefalco...sei andato in fissa coi vini umbri ultimamente!”
“Devo dire che mi piacciono molto”
“Che stavi facendo?”
“Un cazzo...ho appena finito di mangiare, ho lavato i piatti, adesso stavo fumando questo spino, tieni...”
“Giusto due tiri, per compagnia. Non fumo da oltre due mesi, credo sia stato con te l'ultima volta”
“È erba, è buona”
“Non male...stavi scrivendo?”
“Perché?”
“No, è che vedo la penna, il foglio...”
“Non lo so, ero andato a prendere le armi, ma non so se ho le forze ancora di combattere, avevo visto Pertini, la strage di Bologna, e non so...poi hai citofonato, e meglio così...si vede che era destino...”
“Non stai scrivendo niente?”
“Qualche poesia, niente di che...abbozzo racconti...ho le idee, ma poi non le trascrivo...”
“Come mai?”
“Il tempo, sempre il tempo...che poi forse non è vero, è una scusa, non lo so, da quando lei è andata via non ci riesco...mi sento svogliato...”
“Prima ti lamentavi di lei, ora ti lamenti che lei non c'è...sei assurdo!”
“Lamentarsi è bello...”
“Ti piace, ti è sempre piaciuto...”
“Effettivamente...”
“Che lei sia una scusa...o forse lo è sempre stata...hai sempre trovato una scusa diversa, ma il lamento è sempre stato costante”
“Non ne posso fare a meno!”
“Nemmeno a questa roba...ne fai già un'altra?”
“Mi piace...mi piace fumare...pensa che continuo ancora a fumare prima di andare al lavoro, mi sveglio sempre quel quarto d'ora prima, ti ricordi?”
“Certo che mi ricordo, per certi versi non cambi mai”
“Il fatto è che non mi fa assolutamente nulla, non mi preclude nulla...è per il gusto...”
“Sei assuefatto...”
“Sarà...ma finché posso, fumo...non me ne frega niente...ancora vino?”
“Sì, riempi.”
“Te come va?”
“Solito. Marie è andata dai suoi a La Rochelle per una settimana, ed io mi godo un po' di libertà...”
“Non ti invidio per niente. Io non faccio che pensare a lei”
“Hai ragione, scusami”
“Ma di che? Figurati, anzi fai bene...devo dimenticare, superare questo momento buio...AH AH AH...ho ricominciato a lamentarmi!”
“Ah ah ah!”
“Ah ah...non riesco proprio a farne a meno...”
“Hai scritto qualcosa su di lei?”
“Macché...niente...se voglio scrivere di lei mi blocco totalmente in maniera irreversibile...”
“Passerà”
“Senz'altro”
“Stanne certo”
“Vado a prendere un'altra bottiglia...che preferisci Nero d'Avola o Syrah?”
“Mmm...Syrah”
“Aggiudicato! Ma hai mangiato?”
“Sì tranquillo...prendi il vino...il vino è nutrimento per l'anima...”
“Caro amico, io l'ho sempre sostenuto che sei un grande poeta!”
“Il poeta sei tu”
“Io sono poeta perché scrivo...tu sei poeta, anche se non metti una riga su carta!”
“Smettila di dire cazzate e vai a prendere il vino!”
Chi sono i nostri due personaggi? Due vecchi amici, a quanto pare dal dialogo. Volete saperne di più? Silenzio, ascoltate, ecco che ritorna dalla camera con la bottiglia di Syrah. Sssshhh...
“Questo è molto buono...l'hai bevuto?”
“Sì, lo conosco!”
“A cosa brindiamo?”
“A cosa vuoi brindare? Abbiamo brindato già a tutto...”
“No, no, non essere pessimista...c'è sempre qualcosa per cui valga la pena di brindare...vogliamo brindare a Marcella che se ne è andata?”
“Non ti sembra sprecato? Ce l'hai sempre in testa!”
“Brindiamo alla vita...così di merda, ma così straordinariamente divertente...”
“Vaffanculo a questo mondo di merda! Dovremmo bruciarlo!”
“Ah ah ah...ti stai riprendendo...alla rivoluzione!”
“Ma quale rivoluzione?”
“La nostra rivoluzione!”
“Io sarei più per un piano eversivo...”
“Alla distruzione totale!”
“A Baudelaire!”
“Sì, sì. a Baudelaire...mi piace...”
“Sì, anche se pure lui era un fottuto borghese...”
“Andiamo a fucilare il generale Aupick!, gridava dalle barricate...Aupick era il marito della madre, quello che gli aveva bloccato l'accesso ai soldi del padre e che lo aveva imbarcato su una nave...”
“Sì, e lo aveva fatto processare perché pazzo!”
“Pazzo poeta...Ahi, avessi partorito un groviglio di vipere piuttosto che nutrire questa derisione! Maledetta la notte e il suo piacere effimero, che concepì il mio ventre la mia espiazione!”
“Qual è?”
“Bénédiction, la poesia che apre I Fiori del Male. La madre del poeta impreca dio per avergli fatto concepire il poeta, malsana e brutta creatura. L'ho messa pure nella tesina di quinto liceo!”.
“Sì, me la ricordo”
“La poesia o la tesina?”
“Tutte e due!”
“Sai che pensavo? Che avessi un patrimonio da sperperare come Baudelaire, e tutto il tempo a disposizione, senza dover lavorare, forse sarei stato ancor più grande di lui...”
“Tu sei pazzo!”
“Ma non eri tu il pazzo?”
“Eravamo pazzi tutti e due, ma poi io sono rinsavito...”
“Anch'io sono rinsavito! Ti ricordi come ero prima? Prima del romanzo, quando stavo male....ti ricordi il mio dolore? Ti ricordi il mio dolore? C'è una canzone di Fumaretto che canta così...quell'uomo è un genio, devo assolutamente farti ascoltare il suo cd...”
“Che fa?”
“È un pazzo, suona il pianoforte battendo forte sui tasti e urla e canta...la donna è una superpotenza che ti vuole convertire con l'amore preventivo...la donna alleata coi ladri...e i ladri dettano legge...VENITE ASSASSINI, VENITE ASSASSINI, UCCIDETE I LADRI E LE DONNE...”
“Li trovi tutti tu...”
“C'ho il fiuto...e poi sono convinto sempre più che di uomini validi ce ne sono...il guaio è che sta ognuno rinchiuso nel personale combattimento della vita quotidiana...non c'è pace...la situazione è critica, bisognerebbe far qualcosa...”
“Non cambi mai...ti invidio, sai? Sembra che per te il tempo non passi, sei sempre lo stesso, hai sempre le stesse idee, sei l'unico che non si è venduto...”
“Ah, se è per questo io mi sono venduto più di tutti quanti gli altri...”
“Non fare l'idiota, sai bene cosa intendo...”
“Non mi piacciono i discorsi seri...preferisco ridere, far ridere, la battuta ad ogni costo...è più forte di me...non esiste niente di serio...”
“Su questo non ne avevamo mai avuto dubbi, no?”
“Io ne faccio un'altra, e riempio i bicchieri, che a quanto pare, piangono...”
“Fate bere gli assetati...”
“Il vino, il vino è vita, è sangue, senti il sapore dell'uva? La terra, il sole di Sicilia, la tua Sicilia...quando è che ritorni a fare un giro a Palermo?”
“Bah...non so...vorrei tornarci...sono tre anni che ci manco...”
“Sono successe un sacco di cose...”
“Eh già...”
“Ricordi quella volta che ubriachi ci siamo menati...che botte!”
“Bei tempi!”
“Pensi che dovremmo tornare a menarci?”
“Penso di sì, ci farebbe bene”
“Non so se ci riuscirei”
“Dammi un pugno...”
“No, no...”
“Dammi un pugno!”
“Non ce la faccio...”
“Hai paura?”
“No, non è paura, è solo che non ce la faccio...”
“Cosa ti blocca?”
“Ti voglio bene, sei un amico, uno dei pochi che ho, non riuscirei più ad alzarti le mani contro...”
“Io dico che ci farebbe bene, non trovi?”
“Non lo so...sono cresciuto...”
“Un cazzotto è sempre un cazzotto, a qualunque età della vita...”
“Non ne vedo il motivo”
“Forse hai ragione, è forse che io sento di avere bisogno di un paio di pugni in faccia, di quelli belli tosti...”
“Su, dai, non dire così”
“Ti giuro, mi sento di impazzire...ma che vita facciamo? Me ne voglio andare all'estero...”
“Ovunque è lo stesso, non credere”
“Non è vero...prendi in Francia, da Marie...”
“Vuoi andare lì con lei?”
“Può darsi...ci sto pensando...”
“Sei in gabbia, amico”
“Lo siamo tutti, chi per un verso, chi per un altro...”
“Sì, ma così ti scavi la fossa da solo...molli tutti e tutto...”
“Non ho niente, e nessuno...ho lei...”
“Quando stavo con Marcella la pensavo come te, l'avrei seguita ovunque...oggi come oggi sono convinto che mi sbagliavo”
“Ma torneresti con lei...”
“Ad esser sinceri non lo so...”
“Dì la verità...”
“Non sto mentendo, giuro, perché dovrei?”
“Non mi convinci”
“Davvero, in fondo credo sia meglio così...”
“Però stai male...”
“Quella è un'altra cosa...”
“Ma è la stessa...il tuo dolore è dovuto alla sua assenza, asserire il desiderio che lei non torni, vuol dire desiderare il suo ritorno”
“È meglio così, credimi...”
“Ti piace star male...”
“Probabilmente”
“Si sarà fatto tardi...che ora è?”
“Non so...resta un altro po'...finiamo il vino...non si lasciano le bottiglie a metà!
“Li ricordi i miei insegnamenti, vedo”
“Ma se ero stato io ad insegnarlo a te!”
“Ma va...va...”
“A cosa brindiamo?”
“Brindiamo a Pasolini!”
“Brindiamo a Pasolini!”
“A Totò!”
“A Totò, il principe del sorriso!”
“L'hai visto Uccellacci e uccellini?”
“Sì, ci sono riuscito, e mi è piaciuto!”
“Ci sono riuscito nel senso che non ti sei addormentato?”
“Esatto! Sei perspicace nonostante il vino...”
“Lo sono sempre stato, e l'ho sempre retto il vino, anzi spesso il vino ha retto me, mi ha sorretto...”
“Dovresti scriverle queste cose...”
“Fallo tu!”
“Ma io li dimentico sempre, i dialoghi...così come le battute che continuamente sparo, quando sono in vena...”
“Anche quando non sei in vena...”
“Sì, ma poi non me le ricordo mai”
“Dovresti scriverle!”
“Lo dico sempre e non lo faccio mai”
“Incomincia a farlo”
“C'era un periodo in cui Marcella prendeva nota delle cazzate che dicevo...ma poi ci ridevamo insieme, e non scrivevo, e non le utilizzavo, credo che li abbia lei, quegli appunti...”
“Ancora con Marcella...vedi che ho ragione io...”
“Forse sì, ma come si fa?”
“Non ti ricordi come si fa? Hai perduto la memoria?”
“Forse sono più provato di un tempo”
“Ma smettila...quasi non ti riconosco...che fine ha fatto il grande scrittore?”
“Già...che fine ha fatto il grande scrittore?”
“È dentro di te. Dove sempre è stato”
“Sì, ma è come se lo scrittore avesse ucciso i suoi personaggi”
“Così come li ha uccisi, può riportarli in vita!”
“Non ho più le forze...voglio lasciarmi scorrere l'esistenza così...ho già scritto abbastanza...”
“Abbastanza? Ma che cazzo dici?”
“Forse i poeti dovrebbero avere sempre vent'anni...”
“I poeti hanno sempre vent'anni, i poeti non hanno età, non hanno tempo...ti ricordi?”
“Fatico a farlo”
“Sforzati!”
“Siamo all'ultimo bicchiere di vino”
“E cambi argomento!”
“E torno sempre là...”
“Ma ti rendi conto del dono che hai...perché sprechi i tuoi giorni? Perché sperperi il tuo talento?”
“Per la distruzione...forse per me era più importante capire che avrei potuto riuscirci, piuttosto che sforzarmi per riuscirci davvero...”
“Non ti riconosco più”
“Anche io fatico sempre più spesso a riconoscermi...”
“In che senso?”
“Quando mi guardo allo specchio, e non sono più io, non sono me stesso, sono mutato, mi sono trasformato lentamente, a poco a poco, e adesso che sono diverso da quello che ero, e non so più chi ero, e nemmeno chi sono ora...non so se riesci a capirmi, se riesco a spiegarmi, la situazione è molto complessa”
“Intuisco qualcosa...”
“Si tratta del tuo lavoro...cosa ne pensa, dottore?”
“Smettila di fare il coglione, e parlami di questa storia”
“Allora...hai presente quando...anzi no, hai presente la merda?”
“Che c'entra la merda?”
“Niente, era così per dire”
“Non ti va di parlarne...come sempre ti limiti ad accennare le cose, e poi tergiversi, disciplina in cui tu sei un campione...”
“Quanti complimenti...salute!”
“Salute!”
“Il vino è finito”
“Forse è ora di andare”
“Aspetta...vuoi altro vino? Stappiamo il Nero d'Avola?”
“No, vado”
“Non insisto”
“Ci sentiamo”
“Sì, ci sentiamo”
“...”
“Passa quando vuoi...”
“Vediamoci per uscire una sera, prima che torna Marie...”
“Va bene, chiamami”
“Chiamami, se ti va, anche solo per parlare, se ti senti solo”
“Ma io senza di lei, sono solo, mi sento solo, anche se in alcuni momenti mi distraggo, poi ritorno alla realtà, e non c'è niente da fare...”
“Scrivi tutto in un romanzo!”
“Non lo so se mi va”
“Fallo...mettiti seduto, e scrivi, sei venuto al mondo per questo, no?”
“Lo credevo una volta”
“Io credo ancora in te. E non sono il solo, fidati. Fallo per me, fallo per Marcella, fallo per te, ma fallo, ti prego”
“Ci proverò”
“Devi riuscirci!”
“Chi lo sa...”
“Ora vado davvero, fatti abbracciare amico”
“Grazie”
“Grazie a te, e ricordati la promessa!”
L'amico lascia la sua casa, ed egli rimane solo. Stappa il Nero d'Avola e si prepara l'ennesima sigaretta artificiale. La cannabis e i suoi derivati gli hanno sempre procurato un effetto di rilassatezza. Accende. Aspira. Espira. Prende il foglio e la penna. Guarda il foglio. È bianco. Non sa cosa scrivere. Non si ricorda come si fa. Aspira, espira. Si riempie il bicchiere, fa un sorso. Aspira. Poggia la penna, segna un tratto, poi stacca. Espira. Beve ancora dal bicchiere. Aspira, espira. Ha tutto in testa ma non riesce a dirlo. Una volta era così semplice. Una volta era la cosa che gli riusciva più naturale. Adesso nulla. Aspira, espira. Beve. Aspira, espira. Aspira, aspira. Espira tutto insieme. Guarda il fumo. Beve. Poi comincia a piangere. Scrive sulla pagina “A Marcella”. Aspira, espira. Aspira, espira. Beve. Aspira, espira. Aspira, espira. Aspira, espira. Non gli viene nulla da scrivere. Gli sembra inutile. E se avesse sprecato tutta la sua vita? Aspira, espira. Beve. Aspira, aspira, spegna la cicca. Espira. Beve. Poi scoppia in lacrime. E dopo un lungo pianto, si addormenta stirato sul tavolo.
Sogna scene di vita ordinaria, con personaggi con le caratteristiche divelte, e come la sensazione di un messaggio da decifrare, ma un po' confuso. Alle prime luci dell'alba, apre gli occhi, e non sa cosa ci fa a dormire in cucina, come si trova lì. Va nella camera e si butta sul letto, vestito e con le scarpe. Sogna di camminare in un tunnel buio, vede una luce, lontana, che non riesce a raggiungere. Un sogno molto lungo e difficile. Non un incubo, si tratta di un sogno, un sogno lungo e difficile, fatto della sostanza del sogno. Non è angosciato, è sereno, prosegue dritto, verso la luce, verso l'uscita che non riesce a raggiungere. Suonano due volte al citofono, ed egli apre gli occhi. È uscito dal tunnel. Il citofono suona ancora. Va a rispondere.
“Chi è?”
“Raccomandata”
“Scendo subito!”
Prende le chiavi ed esce di casa, riceve la lettera e tornando su per le scale apre la busta. Entra in casa, chiude la porta alle sue spalle e tira fuori il foglio. Il contenuto era chiaro: avviso di sfratto. Sorride, accartoccia il foglio e lo lancia verso il cestino. La palla di carta rimbalza sul bordo e cade di lato, a terra. Guarda sul tavolo e vede due bicchieri vuoti, due bottiglie vuote e una piena a metà, residui di diverse sigarettine, cartine, tabacco sparso, cenere sparsa, una cimetta dentro un pezzetto di cellophane, macchie di vino, una penna e un foglietto. Prende il foglietto e legge “A Marcella”. Accartoccia il foglietto e lo lancia verso il cestino. La palla di carta rimbalza sul bordo, e poi entra dentro al cesto. “Questa era più leggera!”, pensa. Poi mette a fare il caffè e comincia a sbriciolare l'erba. Lo aspettava una nuova giornata.
domenica 13 luglio 2008
Identità II
Il giorno comincia stanco. Il protagonista è stanco. L'autore è stanco. Entrambi dormono poco e male. Il protagonista e l'autore questa volta non sono la stessa persona. Ma un protagonista può essere una persona? Certamente una persona può essere protagonista. Problemi di io. Problemi d'insofferenza. Problemi di stanchezza. Mi sto allontanando dallo scrivere di vita. Una volta l'obiettivo della mia letteratura era di raccontare la vita, mia e di quelli che mi vivevano intorno, e tutto ciò che mi circondava, osservazione e introspezione per la narrazione. Ora mi sono discosto un po'. Ho perduto di vista l'obiettivo della mia letteratura. Mi sono lasciato influenzare, mi sono lasciato sconfiggere. L'assopimento che vedo nel popolo che stia catturando anche me? Ma non distogliamoci dalla storia. Io e l'autore non siamo la stessa persona. O no? Avevate pensato questo? Avevate confuso me con l'autore? Vi siete sbagliati. Io e l'autore non siamo la stessa persona. Certo anch'io sono stanco, come è stanco l'autore e come stanco il protagonista. Ecco, finora abbiamo tre personaggi: io, l'autore e il protagonista. In che posizione sta il pubblico? Ma di cosa stiamo parlando? Parliamo di cinema? Di letteratura? Di pattinaggio? Il punteggio raggiunto finora è 15. E non sono mai andato a capo.
No, non comincia un nuovo paragrafo. Sono andato a capo perché cosi mi andava.
Ecco. L'ho fatto di nuovo.
E ancora. Nessuno mi può impedire questa mia libertà. Decido io quando andare a capo.
E con questo il punteggio raggiunto è 31. In pochissime righe ho più che raddoppiato il mio punteggio.
Non fa più caldo come le scorse settimane, o forse mi sono abituato. Mi sono assuefatto. 26. Come cazzo è? Sto perdendo punti? È l'argomento? 27. Non capisco. Voi vi siete fatti una qualche idea di come funziona questo gioco? Mi sono perso. Scrivere è perdersi. Ma scrivere è anche ritrovarsi. Quante contraddizioni, quante domande, problemi inutili. La vita è una serie incredibile di contraddizioni. La condizione umana? L'uomo si adatta all'ambiente. Ne stavo parlando prima, a proposito del caldo. Poi il punteggio è cominciato a scendere...stavo dicendo del caldo, il caldo che non si sente più tanto caldo. 28. Questa sarà piaciuta al giudice. Ecco comparire il quarto personaggio, il giudice. Il giudice è colui che dà il punteggio. Il giudice non è il protagonista, né l'autore, né tanto meno io. Sia io, sia l'autore, sia il protagonista siamo stanchi. Il giudice no. Il giudice non può essere stanco. Apro una breve parentesi. Anzi lo faccio andando a capo.
(
Sono andato a capo due volte per lasciare meglio riflettere.
36
Ecco, l'ho fatto di nuovo. Questa volta per la suspense.
Ancora a capo. Per l'attesa.
39
(Il giudice. È importantissima la figura del giudice. Il giudice deve essere una persona onesta, integerrima, incorruttibile. Il giudice stabilisce giustizia. In Italia la giustizia è a rischio, come sono a rischio tante cose. Dobbiamo fare attenzione...)44. Chiudo la parentesi perché avevo detto che sarebbe stata breve. Ma il messaggio l'ho inviato...(il cellulare non c'entra nulla!)...chi vuole, può benissimo intendere, o fraintendere, come sempre avviene. Prendete ad esempio il presidente del consiglio che viene sempre frainteso. No, anzi, no, lasciamo perdere. Meglio non parlare dell'argomento. Il berlusconismo è una brutta bestia. Spero almeno questo si possa ancora dire. 16. Come? Mi dicono che hanno cambiato il giudice. Probabilmente presto cambieranno anche la legge. Questa citazione è molto fine. Si può dubitare su un giudice? Se avessero scelto un giudice più loro vicino per essere favoriti nei processi? Un giudice giusto, quando ho citato De André, avrebbe dato un punteggio migliore. Il punteggio finora raggiunto è 14. Posso urlare ingiustizia? Mi ascolterà qualcuno? Possibile che l'autore non possa far nulla? E il protagonista? Sono stati anche loro tacciati, anche loro cacciati. Siamo stati tutti fregati. E così ci provo con la rima. Niente.
Ci provo andando a capo. Niente.
Per me comincia la seconda pagina, non so per voi. Per caso qualcuno si è posto domande riguardo la mia sanità mentale?
“Perché per me l'unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano, come favolosi fuochi artificiali color giallo che esplodono come ragni attraverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra allo scoppio centrale e tutti fanno Oooohhh!”. Jack Kerouac.
E a proposito di PPP.
“L'Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza, è ora, il fascismo”. Pier Paolo Pasolini, 1962. E al 2008 non è cambiato niente.
Cosa hanno in comune Pasolini e Kerouac? Sono nati lo stesso anno, lo stesso mese, marzo, il primo il 5, e il secondo una settimana dopo, il 12. Sono nati entrambi di domenica, e sono tra i più grandi scrittori della letteratura mondiale.
L'autore è uscito e tornato. Al mattino ha fumato hascisc, adesso invece si sta godendo una bella canna di ottima erba. Non ha ancora smaltito la sbornia del sabato sera.
Il giudice di prima non si sa che fine abbia fatto. Al nuovo giudice viene impedito di svolgere il suo lavoro. Hanno bloccato oltre mille processi. Il potere e la giustizia sono in disaccordo. Il nuovo giudice non assegna più punteggi al mio gioco?
Il giudice: “Arrestate l'autore!”.
L'autore: “Ma è solo una pianta...”.
Il giudice: “Quello è solo l'aggravante, è a causa di quella pianta maledetta che sei stato indotto a pronunciare oltraggiose parole rivolte al potere”.
Il giudice alle forze dell'ordine: “Portatelo dentro!”.
Così misero l'autore in carcere, per le sue idee, e a quel punto, dopo il primo breve dialogo, ecco che finalmente scende in campo il protagonista. Ha avuto tutto il tempo di riposarsi.
Il protagonista.
(E adesso cosa mi invento? Tutti avranno grosse aspettative. Ho quasi fame, ma non posso, non me la sento di andare a mangiare, è il turno del protagonista, non devo assolutamente mancare!).
Eccolo qui. Lo vedete? Il protagonista non è il gelato al gusto di cioccolato e banana che mi hanno appena portato, senza nemmeno averlo chiesto. Non è un granché, ma apprezzo il gesto. Il gesto è la manifestazione della falsità della persona che l'ha compiuto oppure è un tentativo di riavvicinamento, come a voler riparare agli errori del passato? La mente umana è perversamente complicata.
Spero di non essere rimasto solo. Non ci pensi mai, o ci pensi, quando scrivi, quando hai scritto già diverse righe, che tutti i lettori abbiano abbandonato le tue parole, e la storia è lì, magari dirai le migliori cose del mondo, e le dirai nella migliore maniera, lì a portata di tutti, ma utile per nessuno. Forse hai fatto un errore prima. Hai perduto frase dopo frase tutti i lettori. Sei rimasto solo, così come eri, dopo la breve illusione. Ma sei ancora illuso, e tutte queste cose non le sai.
Il protagonista: “Ascoltate, gente, qui le cose vanno molto male...”, e qui le soluzioni sono svariate
a) il protagonista è matto, parla da solo e nessuno lo ascolta
b) il protagonista parla a pochi amici (tipo la canzone in cui erano 4 amici al bar, hai presente?)
c) fuori gioco: era solo per dire che ho già da due righe superato la terza pagina. Questi riferimenti possono essere utili, se vogliamo, agli scrittori che si troveranno a leggere, per rendersi orientativamente conto di quanto rende una pagina, sapendo che scrivo in carattere 12 del Times New Roman. Ma non divaghiamo e torniamo al protagonista
d) il protagonista parla per strada, ad un crocchio di estranei, per scuoterli dal loro sopore
e) il protagonista parla ad una folla gremita, al popolo
Non devi mettere nessuna crocetta, idiota, quella degli esami “a crocette” è un'altra supposta che ti hanno messo per disimpararti a pensare con la tua testa, per non farti ragionare, per farti credere che ti stavano curando quando invece ti infettavano di idiozia. L'università è tutta una presa per i fondelli. Conosco troppi laureati che sono dei perfetti imbecilli, incapaci, inetti. Ho letto tesi di laurea illeggibili, zeppe di errori grammaticali anche gravi. Eppure sono laureati, dottori, dottori di 'sto cazzo, se mi permettete la volgarità. Cosa? Guardate che il livello è quello. I parlamentari parlano così. I calciatori parlano così. In televisione parlano così. Nei film parlano così. La gente parla così.
Siamo un popolo alla deriva.
L'avete letto bene? L'avete impresso nella mente? Se non ve lo riscrivo. Siamo un popolo alla deriva.
Andate adesso a rileggervi la frase di Pasolini che ho testé citato.
Il protagonista che fine ha fatto?
Il protagonista. Secondo tentativo.
Il protagonista: “Ascoltate, gente, qui le cose vanno molto male, dobbiamo prendere atto che la democrazia è morta!”.
A quel punto un colpo di pistola pone fine alla vita del protagonista.
Non ve l'aspettavate, eh? Ma cari ragazzi, certe cose non si possono dire, non l'avete ancora imparato? Ho sentito in aula parlamentare un esponente di una opposizione parlare di “dolce dittatura” da parte del presidente del consiglio. È agli atti. Non credete che sia grave?
Spazio quiz. Indovina cosa sta a significare M&M?
a) linea intima di Dolce & Gabbana, sta per Maschio & Maschio
b) forza dirompente nel panorama politico italiano attuale, le sempreverdi Mafia & Massoneria
c) marca di sigarette
d) abbreviazione di Mirco & Marco, comici dell'emittente televisiva TeleMacero, conduttori del programma Ribrezzo
La risposta al quiz è la numero...(sì, lo so che sono lettere, ma fa più Miss Italia, no?)...la numero...la numero...
Color color...
Rosso!
No, non ci pensate proprio, la risposta al quiz non l'avrete mai, almeno non da parte mia, e dato che sono il solo a saperlo, ho deciso egoisticamente che il segreto lo porterò con me nella tomba. Non ci sono né vinti, né vincitori. E nessuna situazione di stallo.
Dopo tre giorni, il protagonista resuscita e la prima cosa che dice è: “Scacco matto!”. No, non è vero, è uno scherzo. Come non fa ridere? Lo scherzo è che dice “Scacco matto!”.
Dopo tre giorni, il protagonista resuscita e la prima cosa che dice è: “Mafia e massoneria!”. A quel punto gli sparano di nuovo, tre colpi questa volta, e da morto, gli pisciano pure addosso.
Ammazza, direbbero a Roma, già t'ho scritto quattro pagine!
È morto il protagonista?
Il protagonista. Terzo tentativo.
Il protagonista: “Ascoltate, gente, qui le cose vanno molto male, dobbiamo prendere atto che la democrazia è morta. Uomini di malaffare hanno preso il potere e ne usufruiscono per i loro loschi affari personali. Dobbiamo intervenire. Non possiamo, non dobbiamo permettere a questi bruti figuri di perseverare nelle loro malefatte. Il popolo soffre la fame, il carovita è diventato insostenibile, non c'è lavoro, non c'è futuro...”.
Adesso vi sta piacendo? Che ne dite continuiamo così? Ricordiamoci sempre che l'autore è in carcere. Del primo giudice ancora non abbiamo notizie. L'informazione non è libera.
L'Italia non è più.
L'Italia non è più una repubblica democratica, e sul lavoro mettiamoci una pietra sopra. La sovranità non appartiene più al popolo, bensì a pochi, e la esercitano come gli pare, a seconda delle loro esigenze, perlopiù economiche o personali. La costituzione è un optional. Nessuno più riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo. I doveri, quelli lì, te li continuano a chiedere. Della serie prendono e non danno.
Non tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, e la legge non è uguale per tutti. Per mancanza di fondi, la scritta presente nelle aule di giustizia resterà però sempre quella vecchia. Esistono ancora distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini e impediscono il pieno sviluppo della persona umana, diventano fardelli sempre più pesanti, che gravano sempre più sulla vita dei singoli individui. Il diritto al lavoro è stato abolito. L'Italia è Stato abolito.
Stanno anche provando a dividerla di nuovo, la Repubblica, e non è detto che non ci riusciranno. La Chiesa interviene fin troppo, come ha sempre fatto, nella vita politica del paese. La laicità dello Stato è un'altra balla che sono soliti propinarci.
Alla cultura e alla ricerca scientifica spetta una quantità sempre più esigua di risorse finanziarie. Il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione subiscono scempi quotidiani e nessuno dice nulla, nessuno fa nulla. Continuiamo? Vi sta piacendo? Io a dirla tutta non mi sento molto bene. E nemmeno l'autore, a cui esprimo tutta la mia solidarietà, sta tanto bene, ingiustamente in carcere. E nemmeno il primo giudice, incazzato nero perché gli è stato negato il suo diritto, sta tanto bene. E tu come stai?
Rino Gaetano odiava la gente capace soltanto di chiederti “Come stai?”.
Come stai?
Devo dire la verità, mi piace. Devo intitolare qualche racconto o poesia, così.
Come stai?
Devo dire un'altra verità. Rino Gaetano è un genio. Lui non è morto, se noi vogliamo. Solo noi possiamo ucciderlo. Ma se continuiamo ad ascoltare le sue canzoni, e cantarle, lui rimarrà vivo. Per sempre.
Siamo all'ultima riga. Quando andrò a capo, saremo a pagina 5, sempre del mio foglio elettronico.
Adesso.
Adesso e sempre, mai smetterò di urlare al mondo intero che Fabrizio De André è stato uno dei nostri più grandi poeti. Per la sua vita e le sue canzoni, vale lo stesso discorso di cui sopra.
Mi sono messo la paglietta in testa. Non mi piace più. Quando l'ho comprata cercavo un cappello estivo. Ho sempre avuto un debole per i cappelli sin da quando ero piccolo. Oggi come oggi, d'inverno, porto sempre la coppola. Ne ho tre, due erano di mio nonno, l'altra l'ho comprata io. Ai reading e alle presentazioni indosso sempre il borsalino. Il mio cappello. Io adoro il mio cappello. Questa invece no, questa paglietta non mi piace più, dovrei regalarla a qualcuno. L'unica cosa che ancora mi piace è il buco al centro, sembra quasi che ci sia passato un proiettile. E poi è piccola. Me la tolgo e la butto via, lontana nel disordine, a creare altro disordine nella mia stanza. Non so quanto il disordine delle camere in cui vivo rispecchi il mio pensiero. Ma lasciamo perdere, e andiamo oltre.
Il malessere degli individui cresce di giorno in giorno. È così per il primo giudice, per l'autore, il protagonista ha una vita ancor più complicata, non ha ancora capito chi è. E nemmeno noi abbiamo le idee abbastanza chiare. E pure il mio malessere aumenta di giorno in giorno. Chi manifesta per chi? Chi manifesta per cosa? Che ne è stato degli operai? Che ne è stato degli studenti? Gli studenti si limitano a mettere le X sulla risposta giusta. Ogni risposta giusta vale 2 punti. La risposta non data è zero. La risposta errata vale -1. Tu a quanto stai? Stai imparando? Non è sempre giusta però la tua croce, così come quando vai a votare.
Operazione Parlamento Pulito.
Ingaggiata l'impresa di pulizia di Luciano Gaucci.
Ma PP non stava per Paolino Paperino?
Ieri sera con gli amici ho bevuto birra fino alle cinque del mattino. Ci siamo fatti un sacco di risate e abbiamo bevuto una quantità incredibile di birre. Eravamo ben ubriachi. Stamattina non ricordo dove avevo parcheggiato la macchina. Poi pian piano piano mi è venuto in mente. Sono andato quasi sicuro, quando oggi pomeriggio sono uscito per andare (non voglio dirvi dove sono andato, ma se siete lettori attenti, scoprirete che ve l'ho già detto...). Quando vedrai questo simbolo * avrai la soluzione.
Il giudice: “Arrestate quest'uomo!”.
Le sbarre. Sono dietro le sbarre. Sono in prigione. Imprigionato. Non sono libero. Sono libero solamente di pensare. Tu sei libero di pensare? Sei veramente libero di pensare?
La differenza tra la realtà percepita e l'effettiva oggettività delle condizioni è...lasciamo perdere.
Mi sento infelice. Vorrei uscire. Queste sbarre. Vedo nella cella di fronte alla mia un uomo. Passa tutto il giorno a scrivere sui suoi taccuini. Sono quadernetti piccolissimi. Qui dentro tutti lo chiamano L'autore. È un uomo molto schivo, introverso. Pare che sia qui per le cose che abbia scritto, per vilipendio a non so cosa, e aveva l'aggravante di fumare l'erba. Anche io sono qui dentro perché fumavo l'erba*. Che poi è così strano, anzi forse l'erba che si trova qui dentro è ancora più buona di quella che si trova fuori. Vorrei avvicinarmi a lui, parlargli. Mi sarebbe sempre piaciuto imparare a scrivere. Avrei tante domande da porgli, ma ho come l'impressione che lui preferisca starsene per i cazzi suoi.
Fuori, ad essere sinceri, non è proprio che sia diverso da qui. Mi sono abituato alla prigionia. Un giorno uscirò, e vedrò il da farsi. Non mi resta che aspettare. Quell'uomo, l'autore, ho notato che ultimamente, mentre scrive, ogni tanto si interrompe per sbirciarmi. Chissà cosa scrive. Sembra essere una fonte inesauribile di parole. La sua mano non si ferma mai, salvo ogni tanto, che la scuote e l'accarezza, forse gli duole, o gli si addormenta, ed io immagino il formicolio della sua mano. Dormo tanto qui dentro. Mi sono un po' stancato della noia.
Oggi doveva essere molto arrabbiato, l'autore. Durante l'ora d'aria siamo rimasti entrambi nella cella. Ad un certo punto mi urla da lontano, “Ma cos'hai da guardarmi sempre, tu? Mi distrai, e poi mi infastidisce avere gli occhi addosso di qualcuno. Se potessi smetterla, te ne sarei grato...”. Io non ho avuto il coraggio di rispondergli niente. Me ne sono stato zitto, e mi sono girato.
La cosa che mi ha meravigliato, è che dopo che sono tornati tutti, i vigilanti sono andati alla cella dell'autore, e lo hanno invitato a prendere le sue cose e seguirli.
Sono due mesi oramai che non vedo più l'autore. Pare che dal giorno del cambio di cella non sia uscito più per l'ora d'aria. Mi hanno detto che ha chiesto di tornare al suo vecchio posto, ma gli hanno negato l'autorizzazione. Adesso al suo posto c'è un giudice.
(Avete capito di chi si tratta?)
Il giudice venne arrestato per occupazione di suolo pubblico. Protestava per il suo diritto di lavorare, a torto negato ingiustamente.
E così, io, l'autore e il giudice eravamo in carcere. Il protagonista è alle strette. Non gli restano ancora molte chance per trovare una sua delineata identità. Finora quello che abbiamo visto e saputo di lui, faceva parte solo del mondo dei suoi sogni, si tratta di infinitesimali frammenti del suo universo onirico. E direi che questo è un gran bel colpo di scena.
L'avvento del protagonista nel mondo reale.
Impossibile caricare il file richiesto.
Qui non siamo nel mondo reale. E se fossimo nel mondo reale, saremmo in carcere. Qui tutto è finzione. E se la vita fosse tutta una finzione? Tu che ne pensi?
Tu come stai?
Vi ricordate?
Io non sto bene. Ma allo stesso tempo sto bene. Devo dire che sto bene nel mio non star bene. Invece nel mio star bene, in genere non sto bene. Chiaro, no?
Andiamo avanti. La giornata avanza e sono ancora digiuno. Questa domenica l'ho dedicata tutta ai miei deliri. Vi rendete conto dell'assurdità di questo racconto? Certo è scritto bene, diranno quelli che hanno superato la fase dei punteggi. Va nell'assurdo e torna. Avanguardia? Ma che cazzo ne so io dell'avanguardia?
Si dirà dell'arte di mescolare realtà e fantasia. Probabilmente qualcuno dirà che sono un mare di cazzate. Non sembra, ma qualcosa l'ho detta. Tu hai trovato qualche spunto di riflessione? Chissà cosa diranno, di questo racconto, quelli che lo leggeranno. I lettori non trovano mai quello che l'autore (eh?) vuole realmente esprimere. In effetti, a parlare con franchezza, molto spesso nemmeno l'autore (eh?) ha sempre ben chiaro quello che vuole esprimere. Ma si esprime. Prova a farlo. Prova. Uno due tre. Prova. Lo scrittore esprime. Punto.
Il punto qual è? Fino a dove voglio arrivare? L'ora di cena è arrivata, e passata quasi. È tardino.
“È tardi?”.
“No”.
Non è tardi. Sono quasi le nove. Non mi sono quasi nutrito, oggi. Cosa si prospetta per la serata? Ho voglia di schifezze. Mi faccio un po' di hot-dog con wurstel, crauti, mayonese, sottilette. Cosa posso metterci più? Ho voglia di farmi del male. Ma a voi importa cosa mangio stasera? Ve lo dico, no, perché è per voi, per scrivere queste amenità, che sono digiuno. Mi sono divertito un sacco. È stata proprio una bella giornata. Un'ottima compagnia. Grazie della compagnia.
Da solo sto benissimo. Adoro la solitudine. Chissà se l'hanno bevuta la storia della compagnia...Cosa? Dicono che la mia solitudine fa un po' pena. Solitudine? Ma io sono una moltitudine! (liberamente ispirato a...indovina un po'? Non mi va di dirvi tutto. Prendete i libri e leggete, cazzo, leggete!).
La solitudine per scelta.
Io scelgo di star solo e mi piace. La mia, è la compagnia che preferisco. Ci sono uomini interessanti e belle donne. Ma io sto meglio da solo. Sto bene anche con gli altri, con quelli che mi piacciono, e quelli che non mi piacciono, mi adeguo alle soluzioni. (p.s. in fase di rilettura mi viene il dubbio che originariamente volevo scrivere situazioni, ma lascio soluzioni e apro una parentesi). Ma il numero uno resto io. Il numero uno resta il mio io. Il mio io al primo posto.
Gli scrittori sono tutti matti.
La storia dell'io, della solitudine, nuoce gravemente alla mia vita di coppia. La mia vita di coppia nuoce nuoce gravemente alla storia dell'io, della solitudine. È un problemone, non scherzo. Ma io l'amo e lei mi ama. E che dobbiamo fare? La mia pubblica vita privata. Pubblico la mia vita privata. Sono senza veli. Non sto insieme ad una velina.
Io l'amo e lei mi ama, con tutto che io all'amore non ci credo. L'amore è una serie di circostanze.
La storia dell'io, della solitudine.
La storia dell'io, della solitudine, comincia con due protagonisti. Il protagonista e l'alter-ego. Dietro ogni protagonista c'è un alter-ego. Frequento troppa gente che ha due nomi e due cognomi. Come? No, è che questi artisti sai come son fatti...
Dovevo andare a trovare Dean Moriarty. O meglio avevo detto lui che sarei passato a trovarlo, ma mentivo. Ci facciamo questi dispetti, io e il mio amico. Ci diamo degli appuntamenti che non rispettiamo. Ci divertiamo così. Anche sabato sera ci saremmo dovuti vedere, ma poi lui aveva ospiti a cena. C'è sempre qualche impedimento o qualcos'altro. Non ci vediamo mai quanto vorremmo. Dobbiamo fare un viaggio. Ho alcune paure. Se molassi tutto e partissi? Ma poi ricominciare sarà ancor più dura, e poi avevo previsto una ripartenza diversa. È così complicato.
Cosa penso di questa vita? Ci sono un mare di cose da dire. E tutte le vite non bastano. La capacità di raccontare che sto ritrovando, i favori positivi di tanti uomini e donne, mi danno le forze di resistere, di continuare, di lottare per i miei sogni.
Domani è un giorno di merda. Domani è lunedì. Il lunedì si ricomincia a lavorare. Io odio questo mio lavoro. Mi vendo al miglior offerente. Cerco qualcosa di migliore per la mia vita. Di fare il lavapiatti non ne posso più.
Disturbi di personalità? Crisi d'identità?
Dietro le quinte.
“Ma tu non fai il lavapiatti!”.
“Lo so!”.
“E allora?”.
“Ma non capisci? Ho scritto lavapiatti perché è il primo lavoro così che mi è venuto in mente, è un lavoro di merda come il mio, come tanti altri...è una condizione alienante che ti priva della tua libertà. Ti danno danaro in cambio di tempo. Danaro che spendi per riempire il tempo libero che ti lasciano. Era un modo di dire che comunque vadano le cose, amico, ti stanno fottendo!”.
“Non riesco proprio a comprendere dove tu voglia arrivare...sembri pazzo, a volte”.
“E tu? Tu che parli da solo? Io non esisto. Io sono una parte nascosta del tuo cervello, una personalità che vuole venire fuori...”.
“Cosa? Ma stai dando di matto?”.
“Ti sembro uno che sta dando di matto, io? Guardati tu, piuttosto! Io sono calmissimo, consapevole, so quello che dico e scrivo. Tu invece mi sembri un po' malaticcio, dai tuoi occhi traspare un'espressione preoccupata, inquieta, angosciata. A guardarti non si direbbe. Sei così sicuro di stare bene?”.
“Io sto benissimo. Tu, che fai così il saccente, sei sicuro di essere così consapevole di quello che scrivi e dici?”.
“Certamente no. Ma questo non c'entra nulla con la questione iniziale. Sei un idiota. E poi perché mi hai chiesto se faccio il lavapiatti se sai benissimo che io non faccio il lavapiatti? Io non faccio il lavapiatti! Capito? Faccio un altro lavoro di merda, e mi girano i coglioni, e dovrebbero girare a tutti. Ci stanno fottendo! Ci stanno fottendo! Non lo capisci che ci stanno fottendo?”.
“No, caro, sei tu che non lo hai capito...ci hanno fottuto già...”.
Siamo alla fine.
Come stai?
Vi ricordate?
Adesso siamo veramente alla fine.
Giustizia è stata fatta. Sono tutti fuori. Non nel senso che sono matti, nel senso che sono usciti, sono finalmente liberi. L'autore, il giudice, tutti. Il protagonista è finalmente uscito in tutto il suo splendore. Mentre noi pensavamo ai cazzi nostri ha guidato saggiamente la rivoluzione per ristabilire i principi democratici. Sono tutti di nuovo liberi.
È tornata la democrazia, la legalità, la libertà, la giustizia.
Utopia.
Il punteggio raggiunto è 100.
Game over!
Pagina 9.
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